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Certificazione energetica: non tutte le regioni sono pronte

di Giovanni Tucci e Silvio Rezzonico

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20 Luglio 2009

Da Aosta a Agrigento, da Belluno a Cagliari: dal 25 luglio tutti i cittadini italiani che vendono casa dovranno incaricare un tecnico abilitato a predisporre la certificazione energetica dell'appartamento secondo le Linee guida approvate con decreto dello Sviluppo economico del 26 giugno 2009. L'entrata in vigore del Dm, infatti, fa scattare l'obbligo della "pagella verde" secondo analisi del rendimento energetico dell'edificio (non solo invernale ma anche estivo) piuttosto dettagliate, ben più complesse di quelle finora utilizzate.

E non basta. Oltre i casi di compravendita, l'attestato di certificazione è indispensabile anche per nuove costruzioni, ristrutturazioni totali, richiesta di detrazione del 55% sul risparmio energetico, sottoscrizione da parte del condominio di un contratto di servizio energia.
Solo nelle poche Regioni dove è stato completato prima il processo normativo per attivare la certificazione energetica sul territorio (Lombardia, Liguria, Emilia Romagna e provincia autonoma di Bolzano) le cose, per il momento, continueranno a procedere come nel passato. L'effetto prevedibile di questa repentina applicazione di regole sul territorio nazionale sarà il caos che si scatenerà da sabato prossimo, prima di tutto perché gli stessi tecnici abilitati nelle aree del Paese prive di normativa propria dovranno aggiornarsi a spron battuto sul contenuto delle Linee guida e dovranno poter fruire di software aggiornati e avvallati dagli enti tecnici nazionali. A tacere, poi, dei dubbi su quali siano effettivamente i professionisti abilitati. In secondo luogo perché si creano disparità di trattamento tra cittadini in ordine all'allegazione o meno del certificato ai rogiti.

«Le Linee guida fanno testo per tutti gli italiani – spiega Roberto Moneta, dello Sviluppo economico –, anche nelle regioni che sono a metà del guado nell'iter normativo (per esempio Piemonte, provincia di Trento, Toscana, Umbria e in Valle d'Aosta ndr) e che avevano in gestazione la normativa tecnica sul rendimento energetico degli edifici. Tutto ciò, almeno, finché le Regioni stesse non vogliano varare norme autonome: come possono, ma non devono necessariamente fare. Norme che non siano però in conflitto con i principi fondamentali delle Linee guida, che competono allo Stato».

Tutte le Regioni (comprese quelle che hanno delle norme, che dovranno perciò essere adeguate) devono conformarsi ad alcuni principi base a cui non si potrà fare eccezione. Per la maggior parte di essi non dovrebbero esserci grandi problemi: vi si afferma, per esempio, che devono essere uniche le norme tecniche di riferimento; uniformi anche i requisiti professionali e i criteri per assicurare la qualificazione e l'indipendenza dei certificatori; è ribadita la validità decennale del certificato; si spiegano le prescrizioni relative all'aggiornamento dell'attestato a ogni intervento che migliori la prestazione energetica dell'edificio o a ogni controllo che accerti il degrado della prestazione stessa.

Dove invece si incontra un "inciampo" è quando si fa cenno all'unicità delle "metodologie di calcolo della prestazione energetica degli edifici, compresi i metodi semplificati finalizzati a minimizzare gli oneri a carico dei cittadini". Infatti le Regioni che hanno legiferato hanno in qualche caso diversificato gli standard energetici degli edifici, e così stavano facendo alcune di quelle che stanno predisponendo le norme. Inoltre le Linee guida introducono nella certificazione anche gli standard minimi per il condizionamento estivo, tralasciati, per esempio, in Lombardia. Eventuali dissensi Stato-Regioni, tuttavia, potranno essere armonizzati nel Tavolo di confronto e coordinamento previsto dalle stesse Linee guida, la cui composizione e le cui modalità operative saranno definite da un futuro decreto interministeriale.

«C'è da attendersi – continua Moneta – che alcune Regioni scelgano di non varare norme tecniche locali sulla certificazione, limitandosi a recepire nel loro ordinamento le Linee guida nazionali, magari stabilendo solo alcune eccezioni e adattamenti alle loro scelte e alla loro situazione geografica». Pare che Veneto e Toscana stiano orientandosi in questa direzione e forse Marche, Umbria, Calabria e Campania ne seguiranno l'esempio.

20 Luglio 2009
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